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La nascita di un mito - Formix - 02-07-2012 Riporto quanto visto e letto su un'altro forum, molto interessante. [video=youtube;4GwFFPMq9g4]http://www.youtube.com/watch?v=4GwFFPMq9g4[/video] Filippo Perini, ''veste'' le auto che fanno sognare Sant'Agata Bolognese, comune di 6.849 abitanti a cavallo tra Modena e Bologna. Per gli amanti delle quattro ruote, questo nome cammina di pari passo con quello di Ferruccio Lamborghini che qui, nel 1963, fondò l'omonima e prestigiosa azienda automobilstica. Oggi, lo stabilimento della casa nata sotto il segno del Toro (simbolo Lamborghini perché il fondatore era toro di segno zodiacale) si estende su una superficie pari a 100.000 metri quadrati e sforna fuoriserie vere, estreme e pure, con il suono del motore che colpisce quanto la forma della carrozzeria, perfetta ed estasiante in ogni sua componente. E' qui, in questo rinomato stabilimento, che siamo andati ad incontrare l'ingegner Filippo Perini, quarantaduenne originario di Bobbio a capo del centro stile Lamborghini, luogo dove vengono pensati, disegnati e realizzati tutti le parti, interne ed esterne, dell'auto. Ingegnere, qual è esattamente il suo ruolo all'interno di Lamborghini? «Sono chief design, capo del design, letteralmente. Dirigo un gruppo di cinque persone, le cui menti partoriscono ogni particolare estetico delle super sportive Lamborghini. Dai dettagli interni l'abitacolo, come sedili, volante, leva del cambio e strumentazione, passiamo a creare ogni centimetro della carrozzeria esterna, dagli alettoni, ai cerchi e alle pendici aerodinamiche. Tutti i particolari che concernono l'estetica sono pensati da noi sei, realizzati sul computer e tramutati in modelli cesellati a mano (anche se in realtà il computer ed i programmi avanzati stanno prendendo sempre più il posto dei lavori manuali). Dal giugno del 2004, periodo che ha visto il mio ingresso in Lamborghini, le auto che portano la firma del mio gruppo di lavoro (oltre a Perini, Alessandro Serra, Michele Tinazzo, Sergio Cianfarani, Luca Reggiani ed Alessandro Salvagnini) sono le Murcielago Lp 640, le Gallardo ( anche in versione Superleggera ed Lp 560, fresca novità allo scorso salone di Ginevra di marzo) e la Reventon, fuori serie di ispirazione aeronautica prodotta in venti esemplari, tutti venduti a scatola chiusa nonostante il costo: 1 milione di euro". Quindi, la paternità degli ultimi modelli Lamborghini è sua? «Diciamo di sì, ma bisogna allargare il cerchio anche ai ragazzi citati prima. Ognuno di noi crea qualcosa, senza una definizione esatta dei ruoli; in questo modo, esce la vera creatività dal progetto. Credo che siamo gli unici a lavorare secondo questo modus operandi. Nel nostro centro stile, abbiamo scardinato le funzioni specifiche, abbattendo i limiti delle singole competenze. Ogni ingegnere presente nell'organico è in grado di realizzare al meglio qualunque parte dell'auto; poi, tutte si uniscono le une alle altre come incastri perfetti. E ci tengo a sottolineare ancora che i progetti nascono a più mani, mai da una singola matita. Dico questo perché nel nostro settore è facile incontrare persone che si vantano ideatrici di questa o quell'altra cosa. In realtà, il design di un'auto viene sempre fuori da diverse teste che lavorano insieme». Come nasce la sua storia alla guida del centro stile di questo prestigioso e storico marchio italiano? «Feci la tesi di laurea in ingegneria meccanica all'Alfa Romeo, presso il centro design di Arese. Si trattava di disegnare l'interno di una vettura, la 166 per intenderci. Alcuni particolari creati da me, vennero anche accettati dai vertici direttivi di allora ed andarono in produzione sull'auto. Ultimata la tesi, rimasi a lavorare in qualità di free-lance, collaboratore esterno nella casa del biscione; i primi tempi, tuttavia, i soldi non erano certo abbondanti e disegnavo anche altri oggetti per arrotondare. Lampade e motoscafi ne sono un esempio. Quel periodo passato a progettare oggetti di varia natura è stato molto importante ai fini della mia formazione: l'approccio su varie forme mi ha dato un grande aiuto per allargare i miei orizzonti mentali nel campo della progettazione. Nel periodo di collaborazione con l'Alfa conobbi il capo del centro stile, Walter De Silva (che oggi riveste lo stesso ruolo del gruppo Volkswagen). In seguito, nel '98, arrivò la mia assunzione e rimasi in Alfa Romeo fino a luglio 2003. Nel frattempo, De Silva, di cui nutro grande stima contraccambiata, era approdato alla Seat (gruppo Volkswagen) e mi chiamò ancora a lavorare con lui. In quel periodo, tuttavia, avevo alcuni problemi familiari e progetti importanti in Alfa che non volevo abbandonare prima del termine. Uno di questi è la sportiva 8c, fiore all'occhiello di Arese. Poi, De Silva si spostò in Audi e giunse una nuova chiamata indirizzata alla mia persona: il treno era già passato in un'occasione e lasciarselo scappare una seconda volta sarebbe stato folle. Nel luglio del 2003, entrai a far parte integrante del gruppo Audi (cui Lamborghini appartiene) ed andai dieci mesi in Germania, nella sede di Ingolstad. Infine, nel giugno 2004, arrivai a Sant'Agata per occuparmi del design delle mitiche Lambo, assumendo la direzione di tutto il centro stile». Cosa significa, per un disegnatore d'auto, lavorare su modelli veramente sportivi come Lamborghini? «Si può dire di essere arrivati. Almeno così la penso io. Credo che lavorare in Lamborghini sia un punto di arrivo per un disegnatore d'auto, un culmine cui si può ambire solo dopo una carriera sfavillante. Arrivarci a quarantadue anni, aumenta ancora di più l'onore di studiare soluzioni stilistiche per automobili di questo calibro. L'industria automobilistica è molto varia e progettare delle utilitarie è ben diverso dall'ingegnarsi per dar vita a delle fuori serie. Traducendo, le utilitarie hanno già forme e canoni stilistici dettati dalla casa madre e l'architettura generale è poco modificabile; il designer, più che altro, inserisce elementi su una base già preconcetta. Il discorso, invece, è del tutto differente quanto sul banco di lavoro ci sono progetti Lamborghini. Per le auto sportive, i principali obiettivi della progettazione divengono la performance ed assecondare le prestazioni. La casa madre non detta linee guida strette come nel caso precedente, ma lascia libero sfogo alle nostre soluzioni stilistiche. Inoltre, il piano di lavoro è più diluito nel tempo e possiamo liberamente abbellire le forme senza troppa fretta. Una Lamborghini diventa un tutt'uno tra parte meccanica ed estetica, il cui l'obiettivo primario è rendere l'auto performante e bellissima. Per questo motivo, lavoriamo in stretto contatto con il centro tecnico, quasi in sinergia: bisogna proporre soluzioni che facciano al caso dei modelli di domani. Anche in questo caso, siamo, probabilmente, gli unici a farlo; sembra che in questa direzione si stia muovendo anche la nostra concorrente diretta, la Ferrari». In fase di studio di una nuova auto, qual è la linea guida che vi ispira per creare i bolidi della casa del toro? «Lamborghini: auto estrema ed italiana senza compromessi. Questa è la filosofia della casa, da sempre. I vertici Audi dicono che il design è il vanto assoluto delle Lambo. Personalmente, sono convinto che, oggi come oggi, facciamo le vere super car, quelle che quando passano per strada non si riesce a fare a meno di guardarle». Quanto tempo impiegate per ideare le forme complete, interne ed esterne, di un nuovo modello? «Non ci sono tempi fissi, dipende dalle situazioni che a volte richiedono più studi e ricerche. Un esempio, tanto strabiliante quanto eccezionale per velocità di creazione, è la Reventon. In soli tre mesi l'abbiamo creata dal nulla, ispirandoci ad un aereo da guerra invisibile ai radar. Un esempio di questo influsso è la strumentazione, in cui i grafici hanno preso il posto delle lancette di contachilometri e giri. Per i nostalgici, tuttavia, è anche possibile usare la strumentazione tradizionale: basta schiacciare un pulsante ed il cockpit (il quadro strumenti) cambia volto». Detto in questi termini, progettare un'auto sembra un gioco da ragazzi... «In realtà non lo è per niente. Certo, lavorare in questo centro stile è il massimo, ma la difficoltà è davvero alta e le decisioni da prendere si portano dietro un carico di responsabilità estremo. Esattamente lo stesso aggettivo che qualifica le nostre auto. Lavoriamo all'unisono con gli altri reparti della fabbrica, per ricercare soluzioni che vadano tutte nelle stessa direzione, ma non è sempre facile trovare un punto d'accordo. Nel complesso, posso affermare con fierezza che il nostro marchio ha, all'interno del suo organico, una snellezza lavorativa sconosciuta alle altre realtà automobilistiche». Qual è la parte più difficile da progettare in assoluto? «Direi gli interni dell'abitacolo per la minuzia di caratteristiche che possiedono le nostre prestigiose automobili, sportive sopra ogni altra cosa». Disegnava 'sportive' già a 14 anni Filippo Perini nasce 42 anni fa in quel di Bobbio, luogo dove ad oggi risiedono la moglie ed il figlio. Il suo importante cammino professionale riflette in ogni dettaglio quello dell'uomo che si è fatto da sé, con le sue sole forze e nessun favoritismo. Dopo gli studi superiori all'Isii Marconi di Piacenza, Perini ha frequentato il corso di laurea in ingegneria meccanica presso il politecnico di Milano. Durante gli anni universitari, il bobbiese si è costruito un piano di studi molto particolare, in cui ogni esame andava a toccare il settore automobilistico. «Ho inserito tra gli esami anche quello di ingegneria delle costruzioni», afferma durante l'intervista realizzata a Sant'Agata, «per capire le auto e tutto ciò che gravita intorno a questo mondo». Il '95 è l'anno della sua laurea e da lì inizia la scalata dell'ingegnere all'interno dei centri stile automobilistici più prestigiosi al mondo. E' rappresentativo della sua vocazione di designer, il fatto che un Perini quattordicenne disegnasse già dei modelli d'auto sportive, inviandole ai settimanali del settore ed ottenendo ben quattro pubblicazioni, antipasto del suo futuro successo nell'agguerrito settore. Il centro stile per cui disegna oggi rappresenta un vanto dell'industria automobilistica italiana di sempre ed è capace di ideare fuori serie che non passano mai inosservate e senza tempo. Il tecnologico "cervello estetico" della Lamborghini si divide su due piani. Al terreno, c'è il compartimento che comprende il magazzino, l'officina ed il piano di lavoro dove si posizionano i modelli d'auto che vengono affinati millimetricamente a mano. Onde evitare equivoci, i modelli in questione non sono le vere automobili che solcheranno le strade, ma delle perfette riproduzioni non funzionanti su cui lavorano gli uomini del centro stile. Dal piano di lavoro, guardando in alto ed oltrepassando con lo sguardo le enormi vetrate, si intravede tutto il piano rialzato del centro stile. Si sale e l'impatto è quello di un grosso e dinamico ufficio in cui le teste degli ingegneri lavorano tra i vari computer Mac presenti sulle tavolate. Il centro stile è un ambiente in cui il metallo è ben presente, ma il bianco candido domina sopra ogni altro colore, dando armonia e tranquillità all'ambiente. Il tutto aiuta a creare un panorama altamente hi-tech, mutuando un termine dal linguaggio della moderna architettura, perfettamente in sintonia con i gioielli Lamborghini. ---------------------------------------------------------- Pochi sanno che alcuni particolari delle Alfa, dal 1995 al 2003, sono stati creati da lui. La sua prima vera sportiva "Nuvola", purtroppo non ha visto la produzione ma ricordo l'entusiasmo nel pensarla e vederla realizzata. Il suo lascito all'Alfa invece è stato questo Piccola nota personale, il centro stile Alfa di Arese è stato alla fine degli anni '90 (sotto la direzione di Walter De Silva) una fucina di talenti e di idee. Non a caso molti di quei ragazzi, oggi, sono sparsi nel mondo a disegnare le autovetture della prossima generazione. Infine per riagganciarmi ad un evento che purtroppo è più che mai di attualità, riporto quanto scritto da "Il Resto del Carlino" sul terremoto e sugli emiliani. L’Emilia è quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini di costruire la Ferrari. Gli Emiliani sono così. Devono fare una macchina? Loro ti fanno una Ferrari, una Maserati e una Lamborghini. Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati. Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla. Devono farti ...un caffè? Loro ti fanno la Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Dalla,Morandi,Vasco,Liga. Devono farti una siringa?loro ti tirano su un’azienda biomedicale. Devono fare 4 piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche. Sono come i giapponesi,non si fermano,non si stancano,e se devono fare una cosa,a loro piace farla bene e bella, ed utile a tutti… Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali... La nascita di un mito - Gyu71 - 03-07-2012 Bel post... ...mi è piaciuto soprattutto il finale! |