Cmq cito dal libro "Cose di Cosa Nostra" di Falcone
Un'altra cosa non è generalmente compresa, e cioè che l'appellativo « Signore » usato da un
mafioso non ha nulla a che vedere con il Monsieur francese, il Sir britannico o il Mister americano.
Significa semplicemente che l'interlocutore non ha diritto ad alcun titolo, altrimenti verrebbe
chiamato « Zio » o « Don », se è un personaggio importante nell'organizzazione, oppure « Dottore
», « Commendatore », « Ingegnere » e così via. Durante il primo maxiprocesso di Palermo nel
1986, il pentito Salvatore Contorno, per esprimere il suo assoluto disprezzo nei confronti di Michele
Greco, considerato capo della mafia ma che ai suoi occhi non era nessuno, si esprimeva in questi
termini: « Il signor Michele Greco... ».
Ricordo che una volta ero andato in Germania a interrogare un capo mafioso mi accadde di
essere apostrofato: « Signor Falcone... ». Allora toccò a me offendermi. Mi alzai e ribattei: « No, un
momento, lei è il signor taldeitali, io sono il giudice Falcone». Il mio messaggio raggiunse il
bersaglio e il boss mi porse le sue scuse. Sapeva fin troppo bene perché rifiutavo il titolo di signore,
che, in quanto non riconosceva il mio ruolo, mi riduceva a uno zero. Tutto questo per dire che il nostro lavoro di magistrati consiste anche nel padroneggiare una griglia interpretativa dei segni. Per
un palermitano come me, rientra nell'ordine naturale delle cose.
Un'altra cosa non è generalmente compresa, e cioè che l'appellativo « Signore » usato da un
mafioso non ha nulla a che vedere con il Monsieur francese, il Sir britannico o il Mister americano.
Significa semplicemente che l'interlocutore non ha diritto ad alcun titolo, altrimenti verrebbe
chiamato « Zio » o « Don », se è un personaggio importante nell'organizzazione, oppure « Dottore
», « Commendatore », « Ingegnere » e così via. Durante il primo maxiprocesso di Palermo nel
1986, il pentito Salvatore Contorno, per esprimere il suo assoluto disprezzo nei confronti di Michele
Greco, considerato capo della mafia ma che ai suoi occhi non era nessuno, si esprimeva in questi
termini: « Il signor Michele Greco... ».
Ricordo che una volta ero andato in Germania a interrogare un capo mafioso mi accadde di
essere apostrofato: « Signor Falcone... ». Allora toccò a me offendermi. Mi alzai e ribattei: « No, un
momento, lei è il signor taldeitali, io sono il giudice Falcone». Il mio messaggio raggiunse il
bersaglio e il boss mi porse le sue scuse. Sapeva fin troppo bene perché rifiutavo il titolo di signore,
che, in quanto non riconosceva il mio ruolo, mi riduceva a uno zero. Tutto questo per dire che il nostro lavoro di magistrati consiste anche nel padroneggiare una griglia interpretativa dei segni. Per
un palermitano come me, rientra nell'ordine naturale delle cose.