Ecco, ridendo e scherzando sono passati quasi cinque minuti.
Chiamatelo blocco dello scrittore, chiamatela stanchezza, chiamatela voglia di impressionare a tutti i costi, ma una casella vuota con scritto "titolo" mi mette in imbarazzo.
Poi passa, e passa subito. Vi dovrete abituare ai miei post perché non ce ne sarà uno con meno di trenta righe... ma scusate, questa è la mia presentazione e sto partendo dal fondo, dal punto di arrivo, che non interessa a nessuno.
Mi piace dire che colleziono auto.
Sì, una alla volta.
In genere, vecchie, ma alle donne dico "d'epoca", fa sempre un certo effetto.
Con la passione dei ferri vecchi ci sono nato. Negli anni ottanta, quando vedere una Prinz provocava plateali toccate di testicoli presso tutti i miei amici, io fui più che lieto di avere in regalo una NSU 1000 da mio padre. Lui aveva preso una Ritmo. I miei amici si toccavano, ma ad avere una macchina tutta mia ero io. Le ragazze, quelle che piacevano a me facevano poco caso alla marca e modello, di solito apprezzavano il fatto di poter essere scarrozzate lontano da casa.
Quando fui in grado di guadagnarmi in autonomia il pane quotidinao, era il 1988, comprai un Maggiolino 1200 Mexico. Lui (lei, per me era Maggie) aveva 7 anni e già mi sembrava vecchia. Tanto per sgranchirle le gambe andammo insieme io, Franz, la sua fidanzata e la mia a Cordova. E tornammo. Con in mezzo un cambio d'olio.
Tenni Maggie fino al 1999 quando decisi di passare a qualcosa di più serio. E più vecchio. Un maggiolone 1303 del 1974.
Ormai il lavoro era partito e andava bene.
La macchina non era un rottame, ma andava sistemata. Fondi, interni, motore. Il lavoro era buono, ma non navigavo nell'oro. Occorsero sette anni per farla diventare un pezzo da esposizione, era ora di passare a qualcos'altro.
L'azienda mi dà un premio di produzione (mi facevo un mazzo così, scusate). Penso di fare il salto di qualità.
"Mazda Mx-5, o porsche 912 del 1966?" Faccio a mia moglie (quella della gita a Cordova). Lei è dolce e sembra avere una missione nella vita: rendermi felice.
"Quello che vuoi tu, il premio è tuo".
Prendo la Porsche.
Lì sbaglio. Non la macchina. Ne ricomprerei dieci di Porsche 912. Carrozzeria della 911, motore del maggiolino 1600, 36.000 esemplari prodotti in soli due anni.
Sbaglio comprando QUELLA macchina. Vi dico solo che gli amici la chiamavano "il catorcio".
Non vi dico quanto ho speso negli otto anni che l'ho tenuta, ma alla fine mi sono dovuto arrendere.
Si può avere un giocattolo e buttarci dentro i soldi che ti avanzano. Si può intraprendere un restauro lungo e farlo a cuor leggero perché quello è lo scopo di avere un giocattolo: giocarci, non necessariamente guidarlo. Non guidarlo sempre, comunque. Magari rinunciare a guidarlo in estate perché non ha nemmeno una piccola ventola di areazione. O d'inverno, perché il sale sulle strade finirebbe di aprire buchi nel pianale. Non quando piove, perché c'è una strana infiltrazione dal passaruota del passeggero. Non quando fa freddo, perché l'abitacolo si riempie di vapori di benzina.
Però, ragazzi, in primavera, con temperatura tiepida, finestrini abbassati, asfalto asciutto e tanta strada libera davanti (nel traffico era un tormento, data la posizione di guida), quella macchina era uno sballo. Nonostante il motore piccolo e di derivazione plebea, il suono era corposo, potente, ti entrava nella cassa toracica e faceva venir voglia di urlare, il cambio era un burro. Un'escursione da paura: tra la prima (all'indietro, come mettere la seconde nelle altre auto) e la seconda c'erano non meno di quaranta centimetri di spazio, e in seconda le nocche della mano toccavano il cruscotto, le marce andavano cercate, ma sapendo trovarle gli innesti erano rapidissimi e non tradivano mai. La tenuta di strada era sorprendente. Solo facendo il cretino seriamente si riusciva a farle perdere il posteriore, e anche in quei casi, riprenderla era una manovra che non mancava di dare soddisfazioni.
Vabbè è andata.
Quando sono entrato in casa e ho detto a mia moglie: "Ho venduto la porsche" lei ha detto: "Mi dispiace ciccio" - lei mi chiama Ciccio, nell'intimità - "era la macchina che avevi sempre sognato!".
Il giorno dopo rincasando l'ho trovata sul divano, con il tablet aperto sulle ginocchia che navigava tra gli annunci di Miata in vendita.
Io volevo una NA. Lei no. Troppo lungo stare a spiegare il perché, ma questa volta anche la moglie doveva avere soddisfazione.
Così nemmeno due settimane dopo aver firmato l'atto di vendita della 912, eravamo già a spasso per la Brianza a bordo della nostra nuova NBFL Naked sunlight silver metallic.
Mi sarebbe piaciuto un allestimento un po' più ricco, a dire il vero, ma aveva solo 49.000 chilometri, non potevo lasciarla lì. In fondo, una macchina più spartana significa avere più margine per le personalizzazioni.
Basta, ho finito. Non ho parlato di me, ma su quello c'è poco da dire. Lavoro nel web. Sono nato in Toscana e vivo in Brianza. La mia età, sempre che vi interessi, la ricavate dalle auto che ho guidato, più o meno. Se c'è qualcosa che vi interessa, chiedetemelo.
Ottonet
Chiamatelo blocco dello scrittore, chiamatela stanchezza, chiamatela voglia di impressionare a tutti i costi, ma una casella vuota con scritto "titolo" mi mette in imbarazzo.
Poi passa, e passa subito. Vi dovrete abituare ai miei post perché non ce ne sarà uno con meno di trenta righe... ma scusate, questa è la mia presentazione e sto partendo dal fondo, dal punto di arrivo, che non interessa a nessuno.
Mi piace dire che colleziono auto.
Sì, una alla volta.
In genere, vecchie, ma alle donne dico "d'epoca", fa sempre un certo effetto.
Con la passione dei ferri vecchi ci sono nato. Negli anni ottanta, quando vedere una Prinz provocava plateali toccate di testicoli presso tutti i miei amici, io fui più che lieto di avere in regalo una NSU 1000 da mio padre. Lui aveva preso una Ritmo. I miei amici si toccavano, ma ad avere una macchina tutta mia ero io. Le ragazze, quelle che piacevano a me facevano poco caso alla marca e modello, di solito apprezzavano il fatto di poter essere scarrozzate lontano da casa.
Quando fui in grado di guadagnarmi in autonomia il pane quotidinao, era il 1988, comprai un Maggiolino 1200 Mexico. Lui (lei, per me era Maggie) aveva 7 anni e già mi sembrava vecchia. Tanto per sgranchirle le gambe andammo insieme io, Franz, la sua fidanzata e la mia a Cordova. E tornammo. Con in mezzo un cambio d'olio.
Tenni Maggie fino al 1999 quando decisi di passare a qualcosa di più serio. E più vecchio. Un maggiolone 1303 del 1974.
Ormai il lavoro era partito e andava bene.
La macchina non era un rottame, ma andava sistemata. Fondi, interni, motore. Il lavoro era buono, ma non navigavo nell'oro. Occorsero sette anni per farla diventare un pezzo da esposizione, era ora di passare a qualcos'altro.
L'azienda mi dà un premio di produzione (mi facevo un mazzo così, scusate). Penso di fare il salto di qualità.
"Mazda Mx-5, o porsche 912 del 1966?" Faccio a mia moglie (quella della gita a Cordova). Lei è dolce e sembra avere una missione nella vita: rendermi felice.
"Quello che vuoi tu, il premio è tuo".
Prendo la Porsche.
Lì sbaglio. Non la macchina. Ne ricomprerei dieci di Porsche 912. Carrozzeria della 911, motore del maggiolino 1600, 36.000 esemplari prodotti in soli due anni.
Sbaglio comprando QUELLA macchina. Vi dico solo che gli amici la chiamavano "il catorcio".
Non vi dico quanto ho speso negli otto anni che l'ho tenuta, ma alla fine mi sono dovuto arrendere.
Si può avere un giocattolo e buttarci dentro i soldi che ti avanzano. Si può intraprendere un restauro lungo e farlo a cuor leggero perché quello è lo scopo di avere un giocattolo: giocarci, non necessariamente guidarlo. Non guidarlo sempre, comunque. Magari rinunciare a guidarlo in estate perché non ha nemmeno una piccola ventola di areazione. O d'inverno, perché il sale sulle strade finirebbe di aprire buchi nel pianale. Non quando piove, perché c'è una strana infiltrazione dal passaruota del passeggero. Non quando fa freddo, perché l'abitacolo si riempie di vapori di benzina.
Però, ragazzi, in primavera, con temperatura tiepida, finestrini abbassati, asfalto asciutto e tanta strada libera davanti (nel traffico era un tormento, data la posizione di guida), quella macchina era uno sballo. Nonostante il motore piccolo e di derivazione plebea, il suono era corposo, potente, ti entrava nella cassa toracica e faceva venir voglia di urlare, il cambio era un burro. Un'escursione da paura: tra la prima (all'indietro, come mettere la seconde nelle altre auto) e la seconda c'erano non meno di quaranta centimetri di spazio, e in seconda le nocche della mano toccavano il cruscotto, le marce andavano cercate, ma sapendo trovarle gli innesti erano rapidissimi e non tradivano mai. La tenuta di strada era sorprendente. Solo facendo il cretino seriamente si riusciva a farle perdere il posteriore, e anche in quei casi, riprenderla era una manovra che non mancava di dare soddisfazioni.
Vabbè è andata.
Quando sono entrato in casa e ho detto a mia moglie: "Ho venduto la porsche" lei ha detto: "Mi dispiace ciccio" - lei mi chiama Ciccio, nell'intimità - "era la macchina che avevi sempre sognato!".
Il giorno dopo rincasando l'ho trovata sul divano, con il tablet aperto sulle ginocchia che navigava tra gli annunci di Miata in vendita.
Io volevo una NA. Lei no. Troppo lungo stare a spiegare il perché, ma questa volta anche la moglie doveva avere soddisfazione.
Così nemmeno due settimane dopo aver firmato l'atto di vendita della 912, eravamo già a spasso per la Brianza a bordo della nostra nuova NBFL Naked sunlight silver metallic.
Mi sarebbe piaciuto un allestimento un po' più ricco, a dire il vero, ma aveva solo 49.000 chilometri, non potevo lasciarla lì. In fondo, una macchina più spartana significa avere più margine per le personalizzazioni.
Basta, ho finito. Non ho parlato di me, ma su quello c'è poco da dire. Lavoro nel web. Sono nato in Toscana e vivo in Brianza. La mia età, sempre che vi interessi, la ricavate dalle auto che ho guidato, più o meno. Se c'è qualcosa che vi interessa, chiedetemelo.
Ottonet