Matsuda Ha scritto:"Una vita buttata via" è una frase pesante, in effetti.Inoltre bisogna anche mettere sul piatto della bilancia QUANDO uno ha fatto l'emigrante, in quale periodo, in quale anno e DOVE.
Ma credo che quella frase non dipenda necessariamente dal fatto che il tipo è ermigrato.
Quella frase ha implicazioni personali e di personalità: qualcosa di più profondo e costitutivo della personalità...
Quando andai a NY partii con altri colleghi: uno di loro, si è sposato con una yankee e dopo 18 anni è ancora a NY.
Quindi, si può avere una vita costruttiva anche emigrando e soffrendo un po' la nostalgia...
miley:
Conosco una miriade di famiglie emigrate dalle mie parti degli anni 60/70 che ora NON tornerebbero più indietro in quanto non più capaci a "sopportare" una determinata "vita" talmente sono abituati a questa.
Dicono che si trovano sempre bene al paesello d'origine ma solo per due/tre settimane all'anno per le ferie.
C'è una persona che mi sta a cuore: Pepe (José)! Partito 40 anni fa dalla Spagna (Valencia) per poi tornare a casa per aprire un ristorante. Dopo averlo lanciato ed aver constatato che funzionava lo ha lasciato alla moglie per fare ritorno in Svizzera. Nel frattempo lei ha preferito il salame umano a quello da mettere sul piatto e così, oltre alla separazione/divorzio, ha fatto fallimento ed essendo tutto a nome del marito quest'ultimo ha lavorato fino alla pensione per pagare il debito. Ora, a 67 anni è "costretto" a lavorare ancora in un Top Hotel (Castello del Sole, Ascona - molte volte nominato come miglior albergo della CH) perché, me lo ripete spesso durante gli aperitivi con le lacrime agli occhi: "sto male solo al pensiero di tornare per sempre a Valencia perché qua ho tutti gli amici, sto bene, là morirò presto!"
Ma non posso fare nulla per "tenerlo qua"...