11 settembre sappiamo cosa vuol dire e, come ovvio, anche in me ha assunto il significato tragico ed epocale dell’evento di cui tutto il mondo sa.
Cambiando l’anno però, affiora il ricordo di una giornata intensa vissuta da ragazzino, una giornata densa di quel profumo che solo un appassionato di auto da corsa può ben capire: quel profumo di carburante, di olio, di gomme e di tutto il mondo delle corse in pista.
L’11 settembre 1988 a Monza, io c’ero.
Avevo 16 anni e per la prima volta andavo a vedere un Gran Premio di Formula1.
Ero con mio padre, mio cugino di 20 anni e i suoi genitori.
Alla partenza a Torino, a casa dei miei zii, il già vecchio pulmino Volkswagen, allestito a camper, non ne voleva sapere di partire. : Hurted : Chissà cosa si era fumato, avrei detto non si fosse trattato di una macchina. Aveva l’aria di chi diceva – “Lasciatemi perdere, non ho voglia!”.
Così i miei zii avevano montato una tenda sul tetto della loro Volkswagen Derby. Una Derby, non dico altro.
Non so chi se la ricorda, la Derby.
I miei zii ne andavano fieri: dicevano “Questa macchina doveva nascere con il marchio Audi…”. “Si, vabbè”, pensavo io, “è rimasta una Derby però”, infatti sembrava una Audi 80 dell’epoca che avesse avuto problemi di crescita.
Ricordo che mio zio disse a mio cugino “Guida tu che devi fare pratica ma – mi raccomando – non oltre i 70 all’ora!” “Ma sta scherzando?” ho pensato “Vabbè che è venerdì ma qui arriviamo che ‘sto gran premio è già finito!”.
Io e mio padre avevamo preparato la parte notte reclinando i sedili posteriori della nostra Citroen e caricato ampie provviste per i tre giorni di gara.
Non so com’è o come non è ma il ricordo successivo ce l’ho nel parco di Monza che montavamo la tenda sopra il tetto della Derby per l’ora di pranzo del venerdì. Quell’Audi ristretta doveva avercela fatta evidentemente ed ora assolveva a ruolo di asta per la tenda (forse era quello il progetto iniziale).
Il maestoso parco era invaso dai tifosi campeggiatori.
“Questo è un parco splendido” sentenzia mia zia.
“Si, ma andiamo a vedere le formula1” faccio io.
E lei, insistendo: “Qui 10 anni fa moriva Ronnie Peterson”.
“Pace all’anima sua, ma andiamo verso la pista a vedere qualcosa” le ribattei ancora. Scalpitavo. : Bash :
Nel parco di fronte alla nostra zona camping atterravano gli elicotteri. E quindi i vip. Vederne qualcuno e vederlo prima di mio cugino sarebbe già stata una bella soddisfazione. Guardavo con attenzione chi scendeva dagli elicotteri. Poi a cento metri di distanza ho riconosciuto con sicurezza una sagoma. “Quello là è Nelson Piquet!”. Beccato, e prima di mio cugino!
La prima auto sfrecciante che vidi in pista invece fu la Ligier di Arnoux. Il francese era a fine carriera e il suo mezzo non era competitivo. Ma faceva un bordello impressionante, era un aspirato ed aveva un rumore di scarico ben maggiore dei turbo. Solo che i turbo andavano molto di più. Non c’era confronto fra turbo e aspirato: sarebbe stato come confrontare un’auto normale con …una Derby. :chessygrin:
Gli altri ricordi sono i colori degli stand, le bancarelle, il male alle orecchie se non mettevi i tappi, il tizio in tribuna che si è alzato a bestemmiare perché durante le prove non passavano le Williams, che infatti tardarono ad uscire (non so perché ma mi è rimasto questo flash).
Ogni piccolo particolare mi dava la grande emozione di essere dentro l’evento. Un’emozione che mi sarebbe rimasta nel cuore, in tutti gli anni di passione motoristica a venire.
Il giorno della gara poi è storia: la McLaren di Prost si ritira per un guasto meccanico, Senna, con la strada spianata alla vittoria si tocca quasi alla fine con Schlesser che sostituiva Mansell sulla Williams (chissà il tizio del sabato in tribuna che bestemmie :WohoW e poi il grande trionfo rosso, Berger primo, Michele secondo, Eddie Cheever terzo (che c’entra direte, vabbè era il terzo!), un mare di bandiere e di tifosi sotto il podio, io e mio cugino lì a gridare non so più cosa e da lassù il Drake, a sorridere finalmente.
Aveva visto anche lui un bel Gran Premio.
O forse sorrideva perché aveva visto una buffa macchina con una tenda sopra, che doveva essere un’Audi ma era rimasta una Derby.
Gianni R., 23 anni dopo.
Cambiando l’anno però, affiora il ricordo di una giornata intensa vissuta da ragazzino, una giornata densa di quel profumo che solo un appassionato di auto da corsa può ben capire: quel profumo di carburante, di olio, di gomme e di tutto il mondo delle corse in pista.
L’11 settembre 1988 a Monza, io c’ero.
Avevo 16 anni e per la prima volta andavo a vedere un Gran Premio di Formula1.
Ero con mio padre, mio cugino di 20 anni e i suoi genitori.
Alla partenza a Torino, a casa dei miei zii, il già vecchio pulmino Volkswagen, allestito a camper, non ne voleva sapere di partire. : Hurted : Chissà cosa si era fumato, avrei detto non si fosse trattato di una macchina. Aveva l’aria di chi diceva – “Lasciatemi perdere, non ho voglia!”.
Così i miei zii avevano montato una tenda sul tetto della loro Volkswagen Derby. Una Derby, non dico altro.
Non so chi se la ricorda, la Derby.
I miei zii ne andavano fieri: dicevano “Questa macchina doveva nascere con il marchio Audi…”. “Si, vabbè”, pensavo io, “è rimasta una Derby però”, infatti sembrava una Audi 80 dell’epoca che avesse avuto problemi di crescita.
Ricordo che mio zio disse a mio cugino “Guida tu che devi fare pratica ma – mi raccomando – non oltre i 70 all’ora!” “Ma sta scherzando?” ho pensato “Vabbè che è venerdì ma qui arriviamo che ‘sto gran premio è già finito!”.
Io e mio padre avevamo preparato la parte notte reclinando i sedili posteriori della nostra Citroen e caricato ampie provviste per i tre giorni di gara.
Non so com’è o come non è ma il ricordo successivo ce l’ho nel parco di Monza che montavamo la tenda sopra il tetto della Derby per l’ora di pranzo del venerdì. Quell’Audi ristretta doveva avercela fatta evidentemente ed ora assolveva a ruolo di asta per la tenda (forse era quello il progetto iniziale).
Il maestoso parco era invaso dai tifosi campeggiatori.
“Questo è un parco splendido” sentenzia mia zia.
“Si, ma andiamo a vedere le formula1” faccio io.
E lei, insistendo: “Qui 10 anni fa moriva Ronnie Peterson”.
“Pace all’anima sua, ma andiamo verso la pista a vedere qualcosa” le ribattei ancora. Scalpitavo. : Bash :
Nel parco di fronte alla nostra zona camping atterravano gli elicotteri. E quindi i vip. Vederne qualcuno e vederlo prima di mio cugino sarebbe già stata una bella soddisfazione. Guardavo con attenzione chi scendeva dagli elicotteri. Poi a cento metri di distanza ho riconosciuto con sicurezza una sagoma. “Quello là è Nelson Piquet!”. Beccato, e prima di mio cugino!
La prima auto sfrecciante che vidi in pista invece fu la Ligier di Arnoux. Il francese era a fine carriera e il suo mezzo non era competitivo. Ma faceva un bordello impressionante, era un aspirato ed aveva un rumore di scarico ben maggiore dei turbo. Solo che i turbo andavano molto di più. Non c’era confronto fra turbo e aspirato: sarebbe stato come confrontare un’auto normale con …una Derby. :chessygrin:
Gli altri ricordi sono i colori degli stand, le bancarelle, il male alle orecchie se non mettevi i tappi, il tizio in tribuna che si è alzato a bestemmiare perché durante le prove non passavano le Williams, che infatti tardarono ad uscire (non so perché ma mi è rimasto questo flash).
Ogni piccolo particolare mi dava la grande emozione di essere dentro l’evento. Un’emozione che mi sarebbe rimasta nel cuore, in tutti gli anni di passione motoristica a venire.
Il giorno della gara poi è storia: la McLaren di Prost si ritira per un guasto meccanico, Senna, con la strada spianata alla vittoria si tocca quasi alla fine con Schlesser che sostituiva Mansell sulla Williams (chissà il tizio del sabato in tribuna che bestemmie :WohoW e poi il grande trionfo rosso, Berger primo, Michele secondo, Eddie Cheever terzo (che c’entra direte, vabbè era il terzo!), un mare di bandiere e di tifosi sotto il podio, io e mio cugino lì a gridare non so più cosa e da lassù il Drake, a sorridere finalmente.
Aveva visto anche lui un bel Gran Premio.
O forse sorrideva perché aveva visto una buffa macchina con una tenda sopra, che doveva essere un’Audi ma era rimasta una Derby.
Gianni R., 23 anni dopo.
"Quest'auto è viva, respira e flette i muscoli e tende a comportarsi più come un organismo che come una macchina" La Miata per AutoArt, 1990